Quando sei seduto
nel bel mezzo del tuo problema,
cosa è più reale per te:
il tuo problema o te stesso?
La consapevolezza che sei qui,
proprio ora,
solo questo è importante.
Shunryu Suzuki
I CERVELLI OCCIDENTALI lavorano, lavorano moltissimo, ma sempre nella direzione dell'efficienza. In questo modo la mente pone se stessa al servizio del risultato e, come tutti i servi, rinuncia alla propria indipendenza. Io sto parlando di un'altra forma di vita spirituale, più disinteressata e profonda, libera dall'ossessione di una meta da conseguire. In un certo modo, l'invasione globale della tecnologia, ovunque va da, diminuisce la vita della mente.
Dalai Lama
Pulire lo specchio del cuore (storia sufi)
Un giorno, un Sufi incontrò un amico afflitto pieno di sconforto. Gliene chiese il motivo. Ma l'amico non seppe cosa rispondere:
«Non so. Sono in questo stato d'afflizione da quasi due settimane. Non so che fare. Hai un suggerimento?».
«Prova a pulire lo specchio del tuo cuore. Sono certo che ti sentirai meglio!», rispose il Sufi.
«Ma cosa significa?», chiese nuovamente l'amico in tono sorpreso.
«Far derivare la felicità da vicende belle o brutte, da qualcuno o da qualcosa, prima o poi conduce allo stato in cui ti trovi. Si dimentica così che la felicità la possediamo da sempre dentro di noi, nel cuore. Cercarla al di fuori di noi stessi e pura follia. Questo significa pulire lo specchio del cuore», concluse il Sufi.
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LA MAESTRIA È DENTRO DI TE! Storia Giapponese
Matajuro Yagyu era il figlio di un famoso spadaccino. Suo padre, convinto che l’attitudine del figlio fosse troppo scarsa per fargli raggiungere la maestria, lo disconobbe.
Così Matajuro andò sul Monte Futara e là trovo il famoso spadaccino Banzo.
Ma Banzo confermò il giudizio del padre. “Tu vuoi imparare a maneggiare la spada sotto la mia guida?” domandò Banzo. “Ti mancano i requisiti indispensabili“.
“Ma se lavoro sodo, quanti anni mi ci vorranno per diventare un maestro?” insistette il giovane. “Il resto della tua vita” rispose Banzo. “Non posso aspettare tanto” disse Matajuro. “Se accetti di darmi lezione, sono pronto a sottopormi a qualunque fatica. Se divento il tuo devotissimo servo, quanto tempo mi ci vorrà?”
“Oh, forse dieci anni” disse Banzo addolcendosi.
“Mio padre si sta facendo vecchio e presto dovrò prendermi cura di lui” continuò Matajuro. “Se lavoro ancora più assiduamente, quanto tempo mi ci vorrà?” “Oh, forse trent’anni” rispose Banzo.
“Ma come!” disse Matajuro. “Prima hai detto dieci anni e ora trenta! Accetterò qualunque privazione pur di imparare quest’arte nel tempo più breve!” “Bè” disse Banzo “allora dovrai restare con me settant’anni. Un uomo che ha tanta fretta di ottenere risultati raramente impara alla svelta“.
“E va bene” dichiarò il giovane, comprendendo infine che gli stava rimproverando la sua impazienza. “Accetto“.
Matajuro ebbe l’ordine di non parlare mai di scherma e di non toccare mai una spada. Cucinava per il suo maestro, lavava i piatti, gli rifaceva il letto, puliva il cortile, curava il giardino, tutto senza che si parlasse mai di scherma.
Passarono tre anni. Matajuro continuava a lavorare. Pensando al proprio avvenire era triste. Non aveva ancora incominciato a imparare l’arte alla quale aveva votato la propria vita.
Ma un giorno Banzo scivolò alle sue spalle e gli diede un colpo terribile con una spada di legno. L’indomani, mentre Matajuro stava cucinando del riso, Banzo tutt’a un tratto gli saltò di nuovo addosso.
Da allora, giorno e notte, Matajuro dovette difendersi dagli assalti inaspettati. Non c’era giorno, non c’era momento che non dovesse pensare al sapore della spada di Banzo.
Imparò così in fretta che la faccia del suo Maestro era raggiante di sorrisi. Matajuro divenne il più grande spadaccino del paese.