Per
fronteggiare la crisi, il manager non dev'essere uomo d’azione, ma bensì di trasform-azione
Il mondo occidentale fin dall'antica Grecia ha dato molta
importanza all'agire, evidenziandone pure lo sforzo, come se quest’ultimo elemento fosse la prova
dell’efficacia del nostro agire, quest’idea è tanto radicata anche nella
pedagogia di strada, riconoscibile con le frasi che noi tutti abbiamo più o
meno ricevuto durante la primavera della nostra vita: “studia, fai uno sforzo”
“se non ti sforzi non ottieni nulla” ecc…
Si immagini per un’attimo di essere un contadino, di
essere in possesso di semi e aratro durante la stagione invernale, per quanto
io mi possa impegnare, sforzare di lavorare nella semina, non otterrò nessun
risultato perché nella semina conta si l’azione del contadino, ma conta ancora
di più il lavoro della terra e della stagione, questi ultimi elementi sono
fondamentali per la crescita dei germogli, il contadino non ha potere sul loro
dipanarsi, potrà solamente, farsi accompagnare senza sforzo dall'inarrestabile
processo naturale, nel quale siamo immersi.
Ovviamente il mondo a cui mi riferivo non è quello
contadino ma all'oriente, alla Cina, al pensiero Taoista, che mette al centro
del vivere anche in ambito manageriale, il cambiamento, la
trasform-azione.
Il suo è un pensare “analogico” anziché “digitale”,
preferisce il processo rispetto all'evento, che di per sé è solo la parte
visibile di un continuum sempre gravido di un altro evento, non solo, ci
dice chiaramente che “l’azione” (se efficace) è solo tempismo, su un processo
già in divenire sponte sua.
Quindi per il manager di oggi, dove il mondo cambia in
modo sempre più rapido e inaspettato, sarà provvidenziale applicare uno stile
di trasform-azione, pur non essendoci
formule o modelli di riferimento, il suggerimento è quello di predisporsi alla
vigilanza e all'osservazione dei fenomeni nascenti, imparando a leggere le
crespature graduali e continue che prendono le situazioni in movimento e in
trasformazione, via via che esse si dipanano.
Osservando con attenzione le nuove configurazioni che
spiccano, assimilandole perché saranno loro a infondere al processo in modo
silenzioso l’inedito ordine e la “via”, a cui si deve aggiungere
l’evidente pre-disposizione ciclica della natura di mutare ogni risultato nel
suo opposto continuamente.
Tutto
è in transizione e nell'ombra del negativo e del declino spuntano sempre nuove
iniziative e altre forze si ricompongono.
L’assenza
di sforzo consiste semplicemente nel osservare e farsi accompagnare dal
processo che è già in corso, come il “surfista” che non può produrre
l’onda, ma osservando attentamente può decidere quale scegliere in relazione
al suo divenire, se l’onda è sul nascere, al culmine o al termine, e solo una
volta cavalcata (con il giusto tempismo) allora potrà essere respons-abile e farsi accompagnare dal fenomeno, nel mondo manageriale (e non solo) verrà da se declinare e
applicare l’analogia a qualunque fenomeno osservabile.
Per approfondire l’argomento
rimando ai testi di Francois Jullien: “il trattato dell’efficacia” e “le trasformazioni silenziose”.Oppure al corso: VINCERE SENZA COMBATTERE
L'IMPRENDITORE E LA MEDITAZIONE
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